Andrea Masi, l'aquilano che ha conquistato 95 caps con la maglia dell'Italia dal 1999 al 2015 e che con la dedizione, la qualità del gioco e la disponibilità al dialogo ha conquistato i tifosi da vent'anni a questa parte, è tornato in azzurro. Sì, ve lo posso garantire io che l'ho incontrato durante il raduno della nazionale maggiore di rugby la scorsa settimana a Treviso, durante l'ultimo raduno prima delle tre partite d'autunno, contro Fiji, Argentina e Sudafrica. Ma cosa ci fa Masi tra lo staff? E a che condizione? Ce lo racconta lui in video. Con la sua principessa. Rugby Love! |
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Andrea Lo Cicero, 103 caps con gli azzurri e 4 coppe del mondo. Mirco Bergamasco, 89 caps e 3 coppe del mondo per lui. Carlo Del Fava, 54 caps e 2 coppe del mondo. Tre giocatori che con il rugby hanno viaggiato moltissimo, che hanno persino disputato campionati francesi ed inglesi. Tre giocatori simbolo del rugby azzurro contemporaneo, quello, per me, che sorge con l'ingresso dell'Italia nel 6 Nazioni. Tre giocatori che, oltretutto, con il Giappone ci hanno giocato e sempre vinto. A Cesena, nel 2011, ha segnato una meta Andrea Lo Cicero che, del paese Giappone, ha un ottimo ricordo. "Ho portato i due compari aquilani Andrea Masi e Carlo Festuccia una sera a mangiare cibo tipico giapponese. Dopo 10 secondi, un po' schifiltosi, volevano andarsene disgustando quella cucina. Ora, passati gli anni, tutti e due potrebbero svernare dentro un ristorante giapponese, pensa te, adorano quella cucina! Ho sempre approfittato delle trasferte con la nazionale per conoscere posti e culture nuove e differenti e così è stato anche nel paese del Sol Levante di cui ricordo bene i templi, Tokyo ed Osaka ed il caos ordinato. Sembra assurdo ma è così: traffico, folle immense, mille oggetti tutto sembra un caos ai nostri occhi ma loro riescono con un rigore meticoloso a far scorrere il tutto. Come i treni dalla velocità pazzesca! Un fatto curioso? Una tifosa che per seguirmi acquistò un posto allo stadio nei pressi dell'uscita dei giocatori e, a fine partita, mi regalò una katana, la spada a lama curva dei samurai. Fu un gesto che apprezzai davvero tanto e che mi fece un piacere enorme. Un paese che, se hai voglia di vistare con la mente aperta, ti arricchisce." Mirco Bergamasco, non da meno, segnò due mete al Giappone, a Tokyo nel 2006. Ora, assente dal XV azzurro sin da quella maledetta partita del 2012 a Firenze contro l'Australia, sta prendendo parte alla selezione azzurra di rugby a 7. Ma il Giappone che paese è per il biondo vice campione d'Italia? "Un paese che mi ha sorpreso per la sua tecnologia. Io che sono un appassionato - adoro la domotica - ero estasiato da questo susseguirsi di telefonini, telecamere e gioielli tecnologici. Uno spettacolo. A differenza del barone, nei tour non mi muovo molto se non nelle occasioni prefissate. Molti sono gli allenamenti e, nel tempo libero, forte è per me la necessità di riposare e recuperare. Quindi, anche per il cibo, ho potuto sperimentare poco. Certo è che la deliziosa cucina giapponese non ha nulla a che fare con il giapponese cui siamo abituati noi in Italia." E la tua impressione sui giapponesi? "Cavoli, vanno a 200 km all'ora: a lavoro, in giro, al campo. Vivono in un formicaio dove tutti pare abbiano i loro canali o sentieri da percorrere a mille. Però, come dimostrato in altre occasioni - ad esempio a Cesena - i giocatori sono di una gentilezza squisita. Quasi tutti parlano inglese, la maggior parte lavora alla mattina nell'azienda della società rugbystica e poi al pomeriggio vanno al campo. Sono curiosi, interagiscono e non escludo di tornare in Giappone con mia moglie per visitarlo e girarlo con calma. Una cultura differente da quella europea e che merita un approfondimento" Carlo Del Fava, grandissima seconda linea con 54 caps, ha da poco appeso gli scarpini al chiodo ed ha pure lui - con il barone Lo Cicero - disputato entrambe le partite azzurre a Tokyo, nel 2004 e nel 2006. Ora, tra un lavoro da idraulico e l'altro nel Regno Unito, vive il rugby, come abbiamo visto nel recente 6 nazioni, in qualità di commentatore per la BBC e come ambasciatore di Newcastle per la prossima Coppa del Mondo in Inghilterra. Ma cosa ricorda del paese dei terremoti? "La luce, le luci! Pazzesche, davvero! Tokyo è una città unica, sempre in azione e fatta da gente rispettosa e molto umile. Una sera, eravamo con John Kirwan, per questioni organizzative l'hotel ci ha spostato la sala riunioni dal secondo al terzo piano. Per aiutarci - pochissimi parlano l'inglese, hanno schierato 12 valletti lungo il percorso per indicarci il passaggio. Quello dell'inglese è un problema, specie se decidi di andare a fare un giro in metro con Aaron Persico per andare a fare dello shopping a Giza. Eravamo quasi immobili all'interno di un formicaio. Tutto scorre in quella città, a mille all'ora e, all'improvviso, trovi un'oasi di verde curatissima ove la gente se ne sta in relax a meditare o a leggere un libro a piedi scalzi. Suggestivo." In bocca al lupo, quindi, all'Italia di Brunel che, a conclsuione di questo tour, incontra un Giappone sempre battuto finora. I nostri 3 grandi azzurri intervistati sono confidenti e lo sono pure io. Che maniera sublime, oltretutto, per la neo-tigre di Leicester Leonardo Ghiraldini di chiudere una stagione con lo sguardo al futuro, giocando proprio contro la squadra avversaria con cui ha debuttato in nazionale?! Banzai Italia! This is the end @federugby contro Giappone. Per Masi, Bortolami e BergaMauro tre vittorie su tre?16/6/2014 La nazionale nipponica di rugby ha solo un anno in meno di quella italiana, avendo giocato la sua prima partita nel 1930 a Vancouver (Canada) pareggiando 3 a 3 contro i British Columbia Bears. In oltre 80 anni di storia, poco pare esserci di simile tra Italia e Giappone. Loro, oltretutto, capaci di un marketing differente e forti di investimenti da parte di multinazionali, ospiteranno la Coppa del Mondo per la quale si era candidata anche l'Italia. È vero, in 5 partite su 5 tra le due formazioni, l'Italia ne è sempre uscita vincitrice: nel 2004 e nel 2006, inoltre, sono stati disputate le uniche partite a Tokyo e tre dei nazionali azzurri in trasferta le hanno giocate entrambe: Andrea Masi, Mauro Bergamasco e Marco Bortolami. Forti sono le pressioni in questo momento su una squadra che non vince da troppo tempo, parlo dei nostri azzurri non dei Cherry Blossoms - i fiori di ciliegio giapponesi. Nell'affrontare il tema dei tour estivi con ex nazionali, appare del resto chiaro - leggi qui - come un tour estivo nel Pacifico sia difficile, per condizione climatiche e per approccio mentale/fisico a fine stagione. Dopo una breve sosta ad Auckland in Nuova Zelanda, gli azzurri hanno lasciato Fiji e Samoa per volare a Tokyo e sabato in scena andrà l'ultimo atto di un tour che pare essere una tragedia visto da qui. È probabile che, infatti, il gruppo azzurro - a termine di una stagione deludente e della quale credo siano ben consci - non si faccia eccessivi problemi per le due sconfitte contro gli isolani e guardi con tranquillità all'incontro col Giappone. L'Italia li ha sempre battuti e questo, penso, sia un'ottima spinta per gli azzurri per far vedere di cosa è capace la banda Brunel. I successi nipponici, infatti, e non solo a livello manageriale ma anche a livello di gioco, sono sotto gli occhi di tutti e, per quanto abbiano giocato male, stupidi i nostri atleti non lo sono. Non credo che una sconfitta, se non nei giovani selezionati alle prime armi, possa influire troppo sulla consapevolezza dei propri mezzi. Ritengo, infatti, che ogni giudizio su una tournée estiva non possa essere frutto di considerazioni globali. I problemi sono stati il 6 Nazioni ed i test matches autunnali. Qui, nel tour estivo, si fa principalmente statistica e amalgama tra persone in terre straniere. Certo, una sconfitta col Giappone, sotto gli occhi di un presidente Gavazzi in trasferta, potrebbe far parlare ancora molto di cambio alla guida tecnica, dei problemi delle Accademia - anche se tanto di cappello all'Under 20 di Troncon - alla volontà di alcuni di togliere i vecchietti dal gruppo. Io ho fiducia nella nazionale per la partita contro il Giappone e, come sempre, tiferò sempre per gli azzurri. Ai quali, in ogni caso, chiedo un 6 Nazioni 2015 e, soprattutto, una Coppa del Mondo 2015 da applausi. Troppe volte, recentemente, ho detto che questa nazionale doveva dare un segnale chiaro, vincendo. Quello che mi aspetto ora? Che questo tour finisca e che gli azzurri, tutti e tutto lo staff, si ossigenino andando in vacanza, lasciando la palla ovale per un po' di tempo e che si dedichino a famiglie, amici o passioni varie. Questo rugby azzurro, giocato così, non fa bene e non serve a nessuno. PS Nel titolo ho scritto This Is The End pensando alla canzone dei Doors. Incredibilmente attuale la terza strofa in cui la banda parla di "ragazzi impazziti persi in una terra romana di sofferenza".... Come on, baby, take a chance with us! |
Marco TurchettoEx seconda linea (quando bastava saltare e spingere), giro il mondo ovale con la mia macchina fotografica e il taccuino. L'ebook gratuito!
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