Andrea Lo Cicero, 103 caps con gli azzurri e 4 coppe del mondo.
Mirco Bergamasco, 89 caps e 3 coppe del mondo per lui.
Carlo Del Fava, 54 caps e 2 coppe del mondo.
Tre giocatori che con il rugby hanno viaggiato moltissimo, che hanno persino disputato campionati francesi ed inglesi. Tre giocatori simbolo del rugby azzurro contemporaneo, quello, per me, che sorge con l'ingresso dell'Italia nel 6 Nazioni. Tre giocatori che, oltretutto, con il Giappone ci hanno giocato e sempre vinto.
A Cesena, nel 2011, ha segnato una meta Andrea Lo Cicero che, del paese Giappone, ha un ottimo ricordo. "Ho portato i due compari aquilani Andrea Masi e Carlo Festuccia una sera a mangiare cibo tipico giapponese. Dopo 10 secondi, un po' schifiltosi, volevano andarsene disgustando quella cucina. Ora, passati gli anni, tutti e due potrebbero svernare dentro un ristorante giapponese, pensa te, adorano quella cucina! Ho sempre approfittato delle trasferte con la nazionale per conoscere posti e culture nuove e differenti e così è stato anche nel paese del Sol Levante di cui ricordo bene i templi, Tokyo ed Osaka ed il caos ordinato. Sembra assurdo ma è così: traffico, folle immense, mille oggetti tutto sembra un caos ai nostri occhi ma loro riescono con un rigore meticoloso a far scorrere il tutto. Come i treni dalla velocità pazzesca! Un fatto curioso? Una tifosa che per seguirmi acquistò un posto allo stadio nei pressi dell'uscita dei giocatori e, a fine partita, mi regalò una katana, la spada a lama curva dei samurai. Fu un gesto che apprezzai davvero tanto e che mi fece un piacere enorme. Un paese che, se hai voglia di vistare con la mente aperta, ti arricchisce."
Mirco Bergamasco, non da meno, segnò due mete al Giappone, a Tokyo nel 2006. Ora, assente dal XV azzurro sin da quella maledetta partita del 2012 a Firenze contro l'Australia, sta prendendo parte alla selezione azzurra di rugby a 7. Ma il Giappone che paese è per il biondo vice campione d'Italia? "Un paese che mi ha sorpreso per la sua tecnologia. Io che sono un appassionato - adoro la domotica - ero estasiato da questo susseguirsi di telefonini, telecamere e gioielli tecnologici. Uno spettacolo. A differenza del barone, nei tour non mi muovo molto se non nelle occasioni prefissate. Molti sono gli allenamenti e, nel tempo libero, forte è per me la necessità di riposare e recuperare. Quindi, anche per il cibo, ho potuto sperimentare poco. Certo è che la deliziosa cucina giapponese non ha nulla a che fare con il giapponese cui siamo abituati noi in Italia." E la tua impressione sui giapponesi? "Cavoli, vanno a 200 km all'ora: a lavoro, in giro, al campo. Vivono in un formicaio dove tutti pare abbiano i loro canali o sentieri da percorrere a mille. Però, come dimostrato in altre occasioni - ad esempio a Cesena - i giocatori sono di una gentilezza squisita. Quasi tutti parlano inglese, la maggior parte lavora alla mattina nell'azienda della società rugbystica e poi al pomeriggio vanno al campo. Sono curiosi, interagiscono e non escludo di tornare in Giappone con mia moglie per visitarlo e girarlo con calma. Una cultura differente da quella europea e che merita un approfondimento"
Carlo Del Fava, grandissima seconda linea con 54 caps, ha da poco appeso gli scarpini al chiodo ed ha pure lui - con il barone Lo Cicero - disputato entrambe le partite azzurre a Tokyo, nel 2004 e nel 2006. Ora, tra un lavoro da idraulico e l'altro nel Regno Unito, vive il rugby, come abbiamo visto nel recente 6 nazioni, in qualità di commentatore per la BBC e come ambasciatore di Newcastle per la prossima Coppa del Mondo in Inghilterra. Ma cosa ricorda del paese dei terremoti? "La luce, le luci! Pazzesche, davvero! Tokyo è una città unica, sempre in azione e fatta da gente rispettosa e molto umile. Una sera, eravamo con John Kirwan, per questioni organizzative l'hotel ci ha spostato la sala riunioni dal secondo al terzo piano. Per aiutarci - pochissimi parlano l'inglese, hanno schierato 12 valletti lungo il percorso per indicarci il passaggio. Quello dell'inglese è un problema, specie se decidi di andare a fare un giro in metro con Aaron Persico per andare a fare dello shopping a Giza. Eravamo quasi immobili all'interno di un formicaio. Tutto scorre in quella città, a mille all'ora e, all'improvviso, trovi un'oasi di verde curatissima ove la gente se ne sta in relax a meditare o a leggere un libro a piedi scalzi. Suggestivo."
In bocca al lupo, quindi, all'Italia di Brunel che, a conclsuione di questo tour, incontra un Giappone sempre battuto finora. I nostri 3 grandi azzurri intervistati sono confidenti e lo sono pure io.
Che maniera sublime, oltretutto, per la neo-tigre di Leicester Leonardo Ghiraldini di chiudere una stagione con lo sguardo al futuro, giocando proprio contro la squadra avversaria con cui ha debuttato in nazionale?! Banzai Italia!
Mirco Bergamasco, 89 caps e 3 coppe del mondo per lui.
Carlo Del Fava, 54 caps e 2 coppe del mondo.
Tre giocatori che con il rugby hanno viaggiato moltissimo, che hanno persino disputato campionati francesi ed inglesi. Tre giocatori simbolo del rugby azzurro contemporaneo, quello, per me, che sorge con l'ingresso dell'Italia nel 6 Nazioni. Tre giocatori che, oltretutto, con il Giappone ci hanno giocato e sempre vinto.
A Cesena, nel 2011, ha segnato una meta Andrea Lo Cicero che, del paese Giappone, ha un ottimo ricordo. "Ho portato i due compari aquilani Andrea Masi e Carlo Festuccia una sera a mangiare cibo tipico giapponese. Dopo 10 secondi, un po' schifiltosi, volevano andarsene disgustando quella cucina. Ora, passati gli anni, tutti e due potrebbero svernare dentro un ristorante giapponese, pensa te, adorano quella cucina! Ho sempre approfittato delle trasferte con la nazionale per conoscere posti e culture nuove e differenti e così è stato anche nel paese del Sol Levante di cui ricordo bene i templi, Tokyo ed Osaka ed il caos ordinato. Sembra assurdo ma è così: traffico, folle immense, mille oggetti tutto sembra un caos ai nostri occhi ma loro riescono con un rigore meticoloso a far scorrere il tutto. Come i treni dalla velocità pazzesca! Un fatto curioso? Una tifosa che per seguirmi acquistò un posto allo stadio nei pressi dell'uscita dei giocatori e, a fine partita, mi regalò una katana, la spada a lama curva dei samurai. Fu un gesto che apprezzai davvero tanto e che mi fece un piacere enorme. Un paese che, se hai voglia di vistare con la mente aperta, ti arricchisce."
Mirco Bergamasco, non da meno, segnò due mete al Giappone, a Tokyo nel 2006. Ora, assente dal XV azzurro sin da quella maledetta partita del 2012 a Firenze contro l'Australia, sta prendendo parte alla selezione azzurra di rugby a 7. Ma il Giappone che paese è per il biondo vice campione d'Italia? "Un paese che mi ha sorpreso per la sua tecnologia. Io che sono un appassionato - adoro la domotica - ero estasiato da questo susseguirsi di telefonini, telecamere e gioielli tecnologici. Uno spettacolo. A differenza del barone, nei tour non mi muovo molto se non nelle occasioni prefissate. Molti sono gli allenamenti e, nel tempo libero, forte è per me la necessità di riposare e recuperare. Quindi, anche per il cibo, ho potuto sperimentare poco. Certo è che la deliziosa cucina giapponese non ha nulla a che fare con il giapponese cui siamo abituati noi in Italia." E la tua impressione sui giapponesi? "Cavoli, vanno a 200 km all'ora: a lavoro, in giro, al campo. Vivono in un formicaio dove tutti pare abbiano i loro canali o sentieri da percorrere a mille. Però, come dimostrato in altre occasioni - ad esempio a Cesena - i giocatori sono di una gentilezza squisita. Quasi tutti parlano inglese, la maggior parte lavora alla mattina nell'azienda della società rugbystica e poi al pomeriggio vanno al campo. Sono curiosi, interagiscono e non escludo di tornare in Giappone con mia moglie per visitarlo e girarlo con calma. Una cultura differente da quella europea e che merita un approfondimento"
Carlo Del Fava, grandissima seconda linea con 54 caps, ha da poco appeso gli scarpini al chiodo ed ha pure lui - con il barone Lo Cicero - disputato entrambe le partite azzurre a Tokyo, nel 2004 e nel 2006. Ora, tra un lavoro da idraulico e l'altro nel Regno Unito, vive il rugby, come abbiamo visto nel recente 6 nazioni, in qualità di commentatore per la BBC e come ambasciatore di Newcastle per la prossima Coppa del Mondo in Inghilterra. Ma cosa ricorda del paese dei terremoti? "La luce, le luci! Pazzesche, davvero! Tokyo è una città unica, sempre in azione e fatta da gente rispettosa e molto umile. Una sera, eravamo con John Kirwan, per questioni organizzative l'hotel ci ha spostato la sala riunioni dal secondo al terzo piano. Per aiutarci - pochissimi parlano l'inglese, hanno schierato 12 valletti lungo il percorso per indicarci il passaggio. Quello dell'inglese è un problema, specie se decidi di andare a fare un giro in metro con Aaron Persico per andare a fare dello shopping a Giza. Eravamo quasi immobili all'interno di un formicaio. Tutto scorre in quella città, a mille all'ora e, all'improvviso, trovi un'oasi di verde curatissima ove la gente se ne sta in relax a meditare o a leggere un libro a piedi scalzi. Suggestivo."
In bocca al lupo, quindi, all'Italia di Brunel che, a conclsuione di questo tour, incontra un Giappone sempre battuto finora. I nostri 3 grandi azzurri intervistati sono confidenti e lo sono pure io.
Che maniera sublime, oltretutto, per la neo-tigre di Leicester Leonardo Ghiraldini di chiudere una stagione con lo sguardo al futuro, giocando proprio contro la squadra avversaria con cui ha debuttato in nazionale?! Banzai Italia!