Capitan Parisse ha disputato un bel 6 Nazioni in quello che però è uno sport di squadra. Quindi, da condottiero e giocatore professionista, credo che la cosa lo gratifichi ben poco. I giocatori azzurri hanno espresso la loro angoscia e richiesta di aiuto al termine della partita contro il Galles, l'ultima del recente Torneo delle 6 Nazioni. Lo stesso torneo in cui l'Italia, contro la Francia, ha disputato forse la peggior partita azzurra nella storia della competizione. |
Al termine del torneo, in sala stampa, più di qualche collega giornalista ha chiesto al coach Brunel se avesse intenzione di dimettersi. Il francese ha risposto di no, non era sua intenzione. Avrebbe rimesso il caso ai giocatori e al consiglio federale ma lui non avrebbe rinunciato alla conduzione tecnica. Mugugni, polemiche e discussioni hanno accompagnato gli ultimi giorni di marzo, sperando di poter riaffrontare il discorso azzurro a maggio con le convocazioni per la Coppa del Mondo 2015 e, quindi, con i raduni di Bormio, Villabassa e Fiuggi tra giugno ed agosto.
Ci ha pensato il presidente federale Alfredo Gavazzi a riposizionare i riflettori sulla nazionale azzurra: durante un incontro con la stampa a Milano, di cui riportiamo alcuni estratti video a questo link, ha parlato di tagli ai gettoni presenza pur mantenendo il budget premi per incentivare i risultati, contratti blindati per evitare, ad esempio, di formare gente come Michele Campagnaro che poi va all'estero e di quanto i frutti della sua presidenza si vedranno tra la Coppa del Mondo 2019 in Giappone e quella da assegnare nel 2023, quando avremo i ragazzi delle sue Accademie. Il tutto espresso in maniera diretta e semplice, come nel suo stile, con espressioni che badano poco alla forma ma alla sostanza. Come quando ha parlato di 15° posto nel ranking mondiale, rifiutando ogni responsabilità per tale negativo conseguimento.
Gli azzurri non ci sono stati, hanno reagito di cuore (o palle, sia ben chiaro) in maniera diretta e compatta. Con l'hashtag #portacirispetto lanciato da Sergio Parisse e da tutti ripreso. Bene, a questo punto, credo si possa fare a meno dello psicologo invocato dopo il Galles e si possa iniziare il prima possibile il raduno. Il problema della nuova ridistribuzione economica dei premi credo abbia poco a che fare con la "rivolta". Credo sia un semplice messaggio, magari espresso in forma inconsueta ma di sicuro coesa, teso a sottolineare come i ragazzi siano consapevoli di rappresentare un movimento ma di non esserne i soli attori. Strano l'atteggiamento del presidente che, purtroppo in maniera piuttosto diffusa nella nostra società, scarichi solo su una parte del sistema, o su suoi predecessori, lo stato delle cose.
Non credo il ranking mondiale abbia in questo periodo tutta questa importanza: consideriamo infatti i criteri di attribuzione punteggi ad una Georgia che vince con nazionali del calibro di Romania, Canada o Spagna e di un'Italia che perde nel 6 Nazioni. Tant'è. Un declino evidente c'è. Ma della struttura, non di una parte. Sembra non sia stato messo in discussione il tecnico, non sia stata messa in discussione la struttura tecnica del rugby di base né quella dell'Alto livello. Insomma, a nostro avviso, vero che scendono in campo i giocatori ma se perde così l'Italia significa che il movimento sta perdendo qualcosa. Certamente il lavoro iniziato due anni fa dal nuovo consiglio vedrà i suoi frutti fra 4/5 anni, non prima. Ma, alla fine, i giocatori della nazionale azzurra non sono mai scappati dalle loro responsabilità, anzi hanno anche chiesto aiuto. Ed ora, persino rispetto.
Ci ha pensato il presidente federale Alfredo Gavazzi a riposizionare i riflettori sulla nazionale azzurra: durante un incontro con la stampa a Milano, di cui riportiamo alcuni estratti video a questo link, ha parlato di tagli ai gettoni presenza pur mantenendo il budget premi per incentivare i risultati, contratti blindati per evitare, ad esempio, di formare gente come Michele Campagnaro che poi va all'estero e di quanto i frutti della sua presidenza si vedranno tra la Coppa del Mondo 2019 in Giappone e quella da assegnare nel 2023, quando avremo i ragazzi delle sue Accademie. Il tutto espresso in maniera diretta e semplice, come nel suo stile, con espressioni che badano poco alla forma ma alla sostanza. Come quando ha parlato di 15° posto nel ranking mondiale, rifiutando ogni responsabilità per tale negativo conseguimento.
Gli azzurri non ci sono stati, hanno reagito di cuore (o palle, sia ben chiaro) in maniera diretta e compatta. Con l'hashtag #portacirispetto lanciato da Sergio Parisse e da tutti ripreso. Bene, a questo punto, credo si possa fare a meno dello psicologo invocato dopo il Galles e si possa iniziare il prima possibile il raduno. Il problema della nuova ridistribuzione economica dei premi credo abbia poco a che fare con la "rivolta". Credo sia un semplice messaggio, magari espresso in forma inconsueta ma di sicuro coesa, teso a sottolineare come i ragazzi siano consapevoli di rappresentare un movimento ma di non esserne i soli attori. Strano l'atteggiamento del presidente che, purtroppo in maniera piuttosto diffusa nella nostra società, scarichi solo su una parte del sistema, o su suoi predecessori, lo stato delle cose.
Non credo il ranking mondiale abbia in questo periodo tutta questa importanza: consideriamo infatti i criteri di attribuzione punteggi ad una Georgia che vince con nazionali del calibro di Romania, Canada o Spagna e di un'Italia che perde nel 6 Nazioni. Tant'è. Un declino evidente c'è. Ma della struttura, non di una parte. Sembra non sia stato messo in discussione il tecnico, non sia stata messa in discussione la struttura tecnica del rugby di base né quella dell'Alto livello. Insomma, a nostro avviso, vero che scendono in campo i giocatori ma se perde così l'Italia significa che il movimento sta perdendo qualcosa. Certamente il lavoro iniziato due anni fa dal nuovo consiglio vedrà i suoi frutti fra 4/5 anni, non prima. Ma, alla fine, i giocatori della nazionale azzurra non sono mai scappati dalle loro responsabilità, anzi hanno anche chiesto aiuto. Ed ora, persino rispetto.