| Non mi piace, posso dirlo tranquillamente. Giocatori italiani, principalmente, e figiani poi. Con le loro dediche a Gesù e mille croci che, tuttavia, non servono a trattenerli dall'irruenza che frutta loro decine di cartellini gialli in un anno. Ma quello che interessa a me è la maglia azzurra e la moda sempre più diffusa di sfruttarla come muro da graffiti. È vero, mi piacerebbe un sacco che la Federazione Italiana mettesse un freno a questa, per me, fastidiosa mania. Senza tralasciare l'abitudine azzurra di scrivere mille nomi sul taping vario ma com'è possibile che vengano "insozzate" le maglie della nazionale? Nulla contro gli amici Mauro, Gonzalo e Andrea - tanto per fare degli esempi - ma perché non intervenire per difendere una maglia che non appartiene a loro ma che rappresenta tutti gli italiani ed il movimento rugbystico nazionale? Il "Roby" sul petto, il "Mirco x 2" sulla schiena, il "Thiago" (addirittura ricamato dallo sponsor tecnico chissà in base a quale principio) non rappresentano nessuno se non degli affetti che, incidentalmente, si riferiscono al giocatore cui è stata assegnata, solo per quel giorno, quella maglia. Parliamo spesso a vanvera di valori e simboli di questo splendido sport. La maglia, ripetiamo sempre, è sacra. Allora amici azzurri, ve lo chiedo senza polemica ma con la speranza che voi possiate comprendere quanto sia importante quest'aspetto: è la maglia dell'Italia. Di tutti gli italiani. Lasciate stare personalismi o scritte su di essa. Poi, in previsione RWC2015, mi auguro che la FIR o addirittura l'IRB intervenga a tutela delle maglie. |
2 Commenti
Mario F.
3/12/2013 04:28:05 pm
Credo che chi abbia toccato un argomento molto importante, partendo da una base fondata, sensata e corretta ma che sia andato a finire in un discorso estremizzato e senza cognizione di causa. Il discorso di rispetto della maglia, nella sua figura di rappresentatività di una federazione e ancor prima di una nazione è sensato e non posso che darti ragione, la personalizzazione non è da vietare in quanto un giocatore dovrebbe ritenerlo già per se un divieto. Credo che purtroppo questa "attività" sia figlia di una situazione globale di "personalizzazione" estesa a tutta la squadra azzurra. Una squadra che non è la massima espressione di una nazione e della sua federazione, ma l'espressione di Parisse, Zanni, Bergamasco, Canale, Castrogiovanni e compagnia. Giocatori che negli anni sono sempre stati chiamati a "salvare" una federazione in forte crisi, incapace (volente o nolente, colpevole o no) di fornire giovani di talento se non qualche raro caso. Attenzione, non voglio colpevolizzare nessuno, la federazione ci mette l'impegno (le modalità sono discutibili), il "materiale" è quello che abbiamo, il lavoro è duro e la strada è in salita, ma quello che ho detto penso che sia un incontestabile dato di fatto. A questi giocatori, chiamati sempre a fare il lavoro sporco in una nazione che di rugby capisce ancora molto poco ed è capace di passare dall'amore spassionato e irrazionale ad aspre critiche, bisogna innanzitutto riconoscere il merito, l'impegno (purtroppo test match esclusi) e la grande forza di volontà che ci mettono a tenere insieme un a situazione che non si presenta così rosea come i colori e le voci da stadio fanno credere al tifoso medio. Purtroppo questa responsabilizzazione eccessiva dei giocatori li sta portando a prendersi alcune libertà, vedi le scritte e ricami sulle maglie, che la federazione dovrebbe invece scoraggiare. Per quanto riguarda le scritte su bendaggi e fasciature credo che tu abbia proprio sparato un po' troppo in alto, un bendaggio, la scarpa con la scritta non è un elemento comune a tutti, non simboleggia niente e nessuno e può essere utilizzato come meglio si pensa. Per quanto uno possa essere professionista, atleta e stipendiato questo sport è ancora uno sport di contatto, lotta e confronto. Per mettere il proprio corpo sulla linea di scontro prima di tutto bisogna farlo con la testa e portarsi sul corpo simboli, parole, frasi, nomi che aiutano la mente a rimanere concentrati, a non sentirsi "soli" a dire "lo faccio per te" o "con te" aiuta i giocatori che scendono in campo a metterci più cuore, più mente e corpo in tutti i momenti della partita. Sono da considerare al pari di un tatuaggio simbolico, di una maschera da guerra degli antichi guerrieri o un canto (solista) di battaglia. Ho avuto il piacere di giocare con un figiano che sulle scarpe scriveva frasi della bibbia con un pennarello, la ritualità e la sacralità con cui scriveva i versetti era qualcosa di mistico, lo aiutava ad entrare nella forma mentis della partita. Forse servirebbero molti più graffiti su scarpe e fasciature se venissero fatte in una certa mentalità.
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Ciao Mario, bella la tua visione di un gruppo di giocatori con la loro responsabilizzazione eccessiva e le libertà. Come considero lecito il tuo punto di vista, tuttavia, sulle scritte sui bendaggi ti invito a non considerare la mia una sparata in alto: dopo il campionato nazionale, raboprodirect12, heinekencup credo che giocare 5 (6nazioni)+3(tour estivo)+3(testmatches autunnali)=11 partite linde non sia un problema. Il desiderio di non sentirsi soli (in una squadra?!) spero non induca alcuni ragazzi a portare l'orsetto in panchina o scrivere youporn sul braccio. Destro. ;-)
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Marco TurchettoEx seconda linea (quando bastava saltare e spingere), giro il mondo ovale con la mia macchina fotografica e il taccuino. L'ebook gratuito!
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