Non si discute: i giocatori della nazionale azzurra che giocano in Italia (quasi tutti i convocati) sono i migliori giocatori delle peggiori squadre europee. La mia aspettativa, dunque, nelle partite del torneo delle 6 nazioni è sempre relativa allo stato di salute "nostrano". Senza tornare a chiacchierare dei tempi di Coste e dei primi anni azzurri, credo sia sufficiente pensare ai tempi positivi - mai eccelsi - della Benetton Treviso capace di vincere in Europa e della qualità dei nostri migliori giocatori all'estero (Rizzo, Ghiraldini, i Bergamasco, Del Fava, Canale etc.) e delle belle partite che l'Italia - pur perdendo in "sconfitte onorevoli"- sapeva fare.
Se Zebre e Benetton sono due squadre perdenti difficile avere una nazionale vincente.
Non si discute: l'Italia prende parte al torneo delle 6 nazioni e, fino a quando le regole non verranno modificate, l'Italia seguirà le regole e non i post su Facebook. Non si discute: ci si diverte sempre meno nell'essere tifoso azzurro. Costi per la trasferta, pasti, camminate romane e - nel caso in cui le previsioni diano maltempo a Roma - è facile scendere da oltre 70mila persone a poco più di 40mila. Come nella partita iniziale contro il Galles.
Non si discute: non è la nazionale maggiore maschile il male del rugby italiano. Il male del rugby italiano è la qualità, l'organizzazione, l'appeal dei campionati di Eccellenza e di serie A. Il male del rugby, a livello inferiore, è il persistere indisturbati nel non essere capaci di formare atleti ed allenatori pur in strutture dilettantistiche. Certo, la scuola e i suoi programmi didattici non aiutano ma non scarichiamo responsabilità altrove. Il male del rugby è l'incapacità negli ultimi 24 anni di approntare, gestire e mettere a reddito - sportivo ed economico - il rugby in Italia. La volontà dell'ex presidente Dondi di partire da una nazionale vincente per sviluppare il rugby interno si è dimostrata fallace. Meglio, forse era una visione cui non ha fatto seguito alcuna strategia di successo. Parliamo ancora di Dominguez all'apertura, tanto per intenderci. Dobbiamo attendere davvero i risultati gavazziani di Accademie e Centri Federali prima di esprimere la nostra desolazione? Sia ben chiaro, la maggioranza delle società italiane ha dato mandato a questa dirigenza. Nulla di illegittimo, certo. Al limite, se cambiamenti nella gestione e nei risultati non ve ne saranno, parleremo di complicità.
Non si discute: meglio non parlare di rugby femminile e rugby a sette perché dovremo essere obbligati ad elogiare i singoli e non le abilità direttive. In totale contrasto con lo spirito ovale. In totale contrasto con lo spirito aziendale.
Non si discute: è sempre più difficile raccontare il rugby. È difficile anche per la stampa tutta mantenere alto il livello di attenzione su uno sport la cui vetrina maggiore è vuota.
Non si discute: ragazzi tutti della nazionale italiana state tranquilli. Non considerate il diffuso malumore come qualcosa diretto a voi personalmente. Non siete il bersaglio diretto di critiche (certo un paio di vostri gesti tecnici e scelte hanno acuito il dolore) ma quello indiretto. Siete la vetrina più grande ed ampia di tutto un movimento. Purtroppo vuoto anch'esso nella qualità.
Viva il rugby di base, viva le salamelle, viva l'amore per la nazionale italiana. Viva la voglia di fare perché la speranza non è più così viva. Non si discute: cara FIR ce lo devi per statuto! Rugby Love a tutti.
Se Zebre e Benetton sono due squadre perdenti difficile avere una nazionale vincente.
Non si discute: l'Italia prende parte al torneo delle 6 nazioni e, fino a quando le regole non verranno modificate, l'Italia seguirà le regole e non i post su Facebook. Non si discute: ci si diverte sempre meno nell'essere tifoso azzurro. Costi per la trasferta, pasti, camminate romane e - nel caso in cui le previsioni diano maltempo a Roma - è facile scendere da oltre 70mila persone a poco più di 40mila. Come nella partita iniziale contro il Galles.
Non si discute: non è la nazionale maggiore maschile il male del rugby italiano. Il male del rugby italiano è la qualità, l'organizzazione, l'appeal dei campionati di Eccellenza e di serie A. Il male del rugby, a livello inferiore, è il persistere indisturbati nel non essere capaci di formare atleti ed allenatori pur in strutture dilettantistiche. Certo, la scuola e i suoi programmi didattici non aiutano ma non scarichiamo responsabilità altrove. Il male del rugby è l'incapacità negli ultimi 24 anni di approntare, gestire e mettere a reddito - sportivo ed economico - il rugby in Italia. La volontà dell'ex presidente Dondi di partire da una nazionale vincente per sviluppare il rugby interno si è dimostrata fallace. Meglio, forse era una visione cui non ha fatto seguito alcuna strategia di successo. Parliamo ancora di Dominguez all'apertura, tanto per intenderci. Dobbiamo attendere davvero i risultati gavazziani di Accademie e Centri Federali prima di esprimere la nostra desolazione? Sia ben chiaro, la maggioranza delle società italiane ha dato mandato a questa dirigenza. Nulla di illegittimo, certo. Al limite, se cambiamenti nella gestione e nei risultati non ve ne saranno, parleremo di complicità.
Non si discute: meglio non parlare di rugby femminile e rugby a sette perché dovremo essere obbligati ad elogiare i singoli e non le abilità direttive. In totale contrasto con lo spirito ovale. In totale contrasto con lo spirito aziendale.
Non si discute: è sempre più difficile raccontare il rugby. È difficile anche per la stampa tutta mantenere alto il livello di attenzione su uno sport la cui vetrina maggiore è vuota.
Non si discute: ragazzi tutti della nazionale italiana state tranquilli. Non considerate il diffuso malumore come qualcosa diretto a voi personalmente. Non siete il bersaglio diretto di critiche (certo un paio di vostri gesti tecnici e scelte hanno acuito il dolore) ma quello indiretto. Siete la vetrina più grande ed ampia di tutto un movimento. Purtroppo vuoto anch'esso nella qualità.
Viva il rugby di base, viva le salamelle, viva l'amore per la nazionale italiana. Viva la voglia di fare perché la speranza non è più così viva. Non si discute: cara FIR ce lo devi per statuto! Rugby Love a tutti.