Chi ha gli interessi economici preminenti ed è attore principale degli scambi, di solito, decide cosa fare e come fare. In tutti i campi. Da quello domestico – mamma e papà rispetto ai figli – a quello delle relazioni internazionali – paesi del G8 rispetto ai paesi africani – a quello ovale – inglesi e francesi rispetto ai celti.
Non è una novità assoluta e non è nemmeno una novità sportiva: anni fa il mondo della pallacanestro subì lo shock dell’ULEB. Una nuova associazione, nuovi campionati e nuovi ricatti. A giocatori, federazioni e arbitri: “È storia recente. In appena quattro anni l’Uleb ha rivoluzionato non solo il basket, ma tutto un modo di concepire lo sport. A Sitges lo schiaffo alla FIBA, uno scisma in piana regola che ha portato le Leghe fuori dalla Federazione internazionale creando un modello organizzativo autosufficiente che ha un solo difetto: punta soprattutto al business, dimenticando che lo sport è anche solidarietà e crescita dei più deboli attraverso il confronto con i più forti.” (Mauro Arceri e Valerio Bianchini, La Leggenda del basket, Dalai editore 2004).
Ora cosa succederà all’Heineken Cup? Cosa ne sarà delle competizioni gestite dall’ERC? Come si inseriranno le squadre europee nelle nuove probabili competizioni anglofrancesi? Quentin Smith, presidente della Premiership Rugby inglese, come riporta oggi planetrugby.com, sostiene che non si tornerà a discutere di Heineken Cup nonostante la speranza da parte dell’ERC, che ha fissato un incontro per il 23 ottobre, di un compromesso.
Se le federazioni italiana, gallese, scozzese ed irlandese hanno confermato che i rispettivi club non parteciperanno ad eventi non autorizzati dall’IRB, Smith dichiara che sono parecchi i club europei interessati alla nuova Rugby Championship Cup e in disaccordo con le rispettive federazioni. Loro, inglesi e francesi, il 23 ottobre non si siederanno al tavolo e non aspetteranno nessuno.
Cosa ne sarà del torneo e delle italiane? Non lo so e continuo a credere che, per il movimento italiano sia l’ultimo dei pensieri. Magari il primo da un punto di vista economico se guardiamo le cose a corto raggio. Mi auguro che solido sia il principio di coerenza e che, qualsiasi sia la scelta FIR, forte rimanga la volontà di rafforzare le basi del movimento più che di apparire in manifestazioni che, stando ai risultati, lustro non danno. Perché lo sport, come dicevano Arceri e coach Bianchini, è crescita dei più deboli attraverso il confronto con i più forti.
Non è una novità assoluta e non è nemmeno una novità sportiva: anni fa il mondo della pallacanestro subì lo shock dell’ULEB. Una nuova associazione, nuovi campionati e nuovi ricatti. A giocatori, federazioni e arbitri: “È storia recente. In appena quattro anni l’Uleb ha rivoluzionato non solo il basket, ma tutto un modo di concepire lo sport. A Sitges lo schiaffo alla FIBA, uno scisma in piana regola che ha portato le Leghe fuori dalla Federazione internazionale creando un modello organizzativo autosufficiente che ha un solo difetto: punta soprattutto al business, dimenticando che lo sport è anche solidarietà e crescita dei più deboli attraverso il confronto con i più forti.” (Mauro Arceri e Valerio Bianchini, La Leggenda del basket, Dalai editore 2004).
Ora cosa succederà all’Heineken Cup? Cosa ne sarà delle competizioni gestite dall’ERC? Come si inseriranno le squadre europee nelle nuove probabili competizioni anglofrancesi? Quentin Smith, presidente della Premiership Rugby inglese, come riporta oggi planetrugby.com, sostiene che non si tornerà a discutere di Heineken Cup nonostante la speranza da parte dell’ERC, che ha fissato un incontro per il 23 ottobre, di un compromesso.
Se le federazioni italiana, gallese, scozzese ed irlandese hanno confermato che i rispettivi club non parteciperanno ad eventi non autorizzati dall’IRB, Smith dichiara che sono parecchi i club europei interessati alla nuova Rugby Championship Cup e in disaccordo con le rispettive federazioni. Loro, inglesi e francesi, il 23 ottobre non si siederanno al tavolo e non aspetteranno nessuno.
Cosa ne sarà del torneo e delle italiane? Non lo so e continuo a credere che, per il movimento italiano sia l’ultimo dei pensieri. Magari il primo da un punto di vista economico se guardiamo le cose a corto raggio. Mi auguro che solido sia il principio di coerenza e che, qualsiasi sia la scelta FIR, forte rimanga la volontà di rafforzare le basi del movimento più che di apparire in manifestazioni che, stando ai risultati, lustro non danno. Perché lo sport, come dicevano Arceri e coach Bianchini, è crescita dei più deboli attraverso il confronto con i più forti.